“Vermines”: un incrocio pasticciato tra horror, sci-fi e critica sociale

Sébastien Vanicek firma una sceneggiatura pasticciata, che non dedica grande spazio ai ragni

Un film di Sébastien Vanicek. Con Finnegan Oldfield, Sofia Lesaffre, Jérôme Niel, Théo Christine, Lisa Nyarko. Horror, 103′. Francia 2023

A seguito di un’invasione di ragni velenosi, gli abitanti di una palazzina di periferia dovranno imparare a lottare per la propria sopravvivenza.

 

Un povero critico esce dalla sala cercando di dare un senso a quello che ha appena visto, per poter scrivere il suo pezzo con cognizione di causa. Ed ecco che quando pensa di aver compreso le chiavi di lettura, l’occhio gli cade sulle note di regia, e tutto crolla.

“Ragni infestanti come metafora della minaccia neo-capitalista. La marginalità delle banlieue. Un discorso sociale urgente e di lucida precisione, distante da banali semplificazioni, polarizzazioni e cliché. Cinema di intrattenimento popolare che guarda al presente. Cinema che si rinnova. Cinema che sa cosa dire e come dirlo.”

Con queste parole Sébastien Vaniček spiega il lavoro creativo e politico fatto insieme con l’altro sceneggiatore Florent Bernard e il cui risultato finale è “Vermines” (Vermin). La questione è molto semplice: o io ho visto un altro film oppure il regista non è stato in grado di portare sul grande schermo le sue idee!

“Vermin” è un tentativo poco riuscito di coniugare horror e fantascienza, inserendo il tutto nel contesto delle periferie francesi. L’origine dei misteriosi e letali ragni (che si moltiplicano infettando gli umani, in perfetto stile Alien) è appena accennata nel prologo; poi il focus si sposta su un ragazzo in Francia e sul suo palazzo disagiato.

La sceneggiatura è pasticciata, dispersiva, incapace di spiegare chiaramente i cambiamenti nell’intreccio. Lo spettatore resta spaesato, dubbioso. La lettura politica di cui parla Vaniček, io sinceramente non l’ho vista (se non forse nel “rapporto” conflittuale e basato sul pregiudizio tra inquilini del palazzo e poliziotti), così come la critica al neo-capitalismo.

Insomma, “Vermin” è un film dignitoso – grazie soprattutto al volenteroso cast – ma niente di più. Poca cosa a mio modesto parere, come chiusura della Settimana internazionale della critica.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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