“The Second Act”: una commedia dissacrante che irride lo showbiz

Quentin Dupieux usa la consueta ironia per raccontare il mondo del cinema francese

Un film di Quentin Dupieux. Con Léa Seydoux, Louis Garrel, Vincent Lindon, Raphael Quenard, Manuel Guillot. Commedia, 76′. Francia 2024

Florence vuole presentare David, l’uomo di cui è follemente innamorata, al padre Guillaume. Ma David non è attratto dalla donna, e progetta di gettarla tra le braccia dell’amico Willy. I quattro si incontrano in un ristorante nel mezzo del nulla…

 

Apriamo la serie delle mie recensioni da Cannes con una premessa… Negli ultimi anni, i film d’apertura della kermesse non sono stati particolarmente memorabili. Il buon Frémaux ha sperato d’invertire il trend con l’istrionico e imprevedibile Quentin Dupieux – che io non amo, pur riconoscendone lo stile, l’ironia dissacrante e provocatoria e la buona scrittura.

“The Second Act” è un punto di vista personale sul mondo del cinema, il racconto delle due realtà che si vivono su set: quella con la camera accesa e quella in cui la lucetta rossa è spenta.

Dupieux si diverte e gioca con lo spettatore, utilizzando nomi importanti del Gotha cinematografico francese affinché l’alternanza tra realtà e finzione risulti il più credibile possibile, ma allo stesso tempo eccessivo e grottesco.

Si inizia con un lunghissimo piano sequenza, che ci mostra il divertente quanto bizzarro scambio di battute tra David (Garrel) e l’amico Willy (Quenard), che stanno andando a incontrare Florence (Seydoux) e suo padre (Lindon). Le loro parole sono una summa summa di tutto quello che oggi non si potrebbe dire o pensare nei confronti di una donna…

David è stufo della fidanzata, non prova attrazione fisica, vuole liberarsi della sua soffocante presenza e spera che Willy possa aiutarlo, prendendo il suo posto. Willy, dal canto suo, teme che dietro la “generosa offerta” dell’amico si nasconda una magagna.

Ed ecco la lista delle possibili fregature e dei possibili difetti di Florence – brutta, grassa, disabile –, che sfociano nel politicamente scorretto e spingono lo stesso Garrel a uscire dal suo personaggio, interrompere il collega nella sua filippica e rimproverarlo!

Il secondo piano sequenza ci mostra invece l’altra coppia protagonista, padre e figlia. Dopo l’ipocrisia del politicamente corretto, qui lo spettatore ascolta divertito le paturnie dell’attore esperto che si considera sprecato in un ruolo scritto dall’intelligenza artificiale. Tosto poi ritrovare slancio ed entusiasmo quando il suo agente gli comunica di essere stato scelto dal regista americano Paul Thomas Anderson…

L’intelligenza artificiale può sostituire un regista nel dirigere e spiegare all’attore come muoversi sul set? La riposta di Dupieux è feroce quanto netta.

“The Second Act” a tratti sembra raccogliere il testimone da “Coupez” di Miche Hazanavicius, che nel 2022 aprì il festival di Cannes, cercando di far emergere le contraddizioni, le miserie umane e la solitudine di chi vive e cerca di sopravvivere nel mondo del cinema.

Una visione abbastanza godibile, a tratti anche divertente, sicuramente irriverente, che però non tocca mai particolari vette artistiche e recitative. Per l’apertura del Festival è lecito continuare ad aspettarsi qualcosa di meglio. Magari il prossimo anno.

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Vittorio De Agrò
È nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. È un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il suo blog, che è stato letto da 15.000 persone e visitato da 92 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo.

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